“Le persone capitano per caso nella nostra vita, ma non a caso.
Spesso ci riempiono la vita di insegnamenti.
A volte ci fanno volare in alto, altre ci schiantano a terra
insegnandoci il dolore…
donandoci tutto, portandosi via il tutto, lasciandoci niente”
Alda Merini
C’è una cosa a cui penso spesso, e cioè a quante persone attraversano le nostre vite. Poche, tante, molte? Davvero tante, non c’è dubbio, ma di poche conserviamo il ricordo e ancor meno sono quelle che in noi lasciano un segno. Certo, ci sono i genitori, il consorte, i nonni, i familiari con i quali si condivide un pezzo importante della propria esistenza e che lasciano in noi quasi sempre un ricordo indelebile.
Poi, però, ecco le persone, che, al di là degli affetti o della parentela, ti prendono per mano e ti trasportano nel loro mondo che ti accorgi essere anche il tuo.
Un mondo in cui condividi non solo le loro emozioni, i loro sentimenti e passioni, ma ti ritrovi a vivere la loro stessa vita.
Troppo spesso, racchiusi nei nostri pensieri “intellettuali”, crediamo di essere persone speciali e uniche, solo con il confronto con chi ti attraversa con il suo essere, però, ti accorgi che in quel “mondo” non sei solo. Non un mondo speciale, ma un modo di vivere, dove si dà priorità alla famiglia, al rispetto, alle regole, alla cultura, al sapere e alla ricerca costante di risposte alla passione come, nel mio caso, il Design, l’Architettura, l’Arte che diventano il respiro, la pulsazione di vita, l’anima.
Ebbene, io ho avuto la fortuna di incontrare Pino.
Avvenne come il più classico incontro di lavoro in cui ci si vede, ci si presenta, si scambiano opinioni, si lasciano i contatti e ci si rinvia al prossimo appuntamento. Ma questa volta, subito dopo lo scambio di opinioni, in modo veloce e inaspettato c’è stato quel segno.
Spesso non servono anni o chissà quale evento per conoscere una persona, al contrario, bastano poche sfumature, dove parole come “grazie”, “per piacere”, “ti ascolto”, “ci tengo alla tua opinione”, diventano il veicolo di conoscenza immediata del carattere di chi hai di fronte.
Non mi sono sbagliato, il tempo, anche se troppo poco per la mia sete di sapere e condivisione, mi ha dato ragione.
Pino Grimaldi ha lasciato quel segno indelebile nella mia vita. Il suo garbo, la sua genialità comunicativa, il suo intelletto, le sue opinioni, con le quali alcune volte ero in disaccordo, mi hanno arricchito e mi hanno donato il piacere del confronto; come dice Alda Merini “…donandoci tutto, portandosi via il tutto, lasciandoci niente”.
Non parlerò del professionista Prof. Pino Grimaldi, bastano poche ricerche per capire cosa ha fatto e quale alto contributo ha dato al mondo del Design e all’arte della comunicazione. Ma vorrei, in queste poche righe, riuscire a rappresentare la persona che ho conosciuto e a rendervi partecipi della scoperta di ciò che ci rende simili, cioè il rispetto di ciò che ci fa diversi.
Già dal primo incontro di lavoro, e in quelli a seguire nella nostra Napoli o in quel di Milano, dopo pochi minuti di conversazione, inevitabilmente, ci ritrovavamo a parlare di tutto, un grande argomento generale. Il lavoro che diventa comunicazione, la comunicazione che diventa arte, l’arte che diventa vita, la vita che si impregna di ogni sfumatura del sapere, il sapere che ti rende libero e che si manifesta anche in una canzone dei Beatles come “A Day in the Life” o in quella dei Pink Floyd come “Us and Them”.
Le conversazioni spesso avevano una deriva “intellettuale”. Ma il nostro dialogare da intellettuali non ricadeva mai nel rischio palesato da Pier Paolo Pasolini quando avvisava: “l’intellettuale tende sempre a identificare la ‘cultura’ con la sua cultura: quindi la morale con la sua morale e l’ideologia con la sua ideologia. Questo significa che esprime, con questo, un certo insopprimibile razzismo verso coloro che vivono, appunto, un’altra cultura”. Nei nostri discorsi non c’è mai stato “razzismo” verso l’altrui pensiero, semmai si evidenziava il dispiacere per gli altri di non riuscire a vedere e a comprendere quelle sfumature tanto importanti per la gioia di vivere.
Appunto, la gioia di vivere.
Una gioia infinita che Pino era capace di trasmettere ed infondere in un mix di parole ed azioni, facendo ancora una volta della comunicazione la sua arma vincente. Sono tanti i progetti che avevamo deciso di condividere e sviluppare insieme per il piacere delle nostre comuni passioni. I seminari all’università sull’arte della comunicazione, le lezioni volte a dipanare la questione “se il Design è arte” (su questo eravamo sempre in disaccordo), le mostre, i convegni, insomma, avevo trovato un faro ed un importante compagno di viaggio che il destino ha deciso di portare via troppo presto.
Resta il segno.
Un’incisione, nella mia memoria, di una persona che ho avuto l’onore e il piacere di chiamare amico. Benché sia stata una amicizia “giovane”, il tempo è stato relativo. La passione delle cose in comune hanno accorciato ogni distanza temporale, anche perché, nella sua persona ho ritrovato molto di un padre perso troppo presto.
Una mia passione, l’opera lirica, di cui gli parlavo spesso, era uno dei tanti impegni di piacere da condividere. Avevamo deciso che l’opera da vedere insieme sarebbe stata la Tosca, magari al San Carlo. Ed è proprio facendo mie le parole dell’opera Pucciniana, che vorrei lasciare un ultimo saluto all’amico Pino “…Vissi d'arte, vissi d'amore, non feci mai male ad anima viva! …” .
Elia Napolitano